Per quanto riguarda l’acqua dolce, il 69,5% (24,4 milioni di km³) non è disponibile all’uso immediato, in quanto immagazzinata nei ghiacciai e sottoforma di ghiaccio, neve, e permafrost; il 30,1 % (10,5 milioni di km³) è raccolta nel sottosuolo nelle falde (rinnovabili) e nei giacimenti (non rinnovabili). Solo lo 0,4 % (135.000 km³) è presente in superficie: nei laghi, nell’umidità del suolo, nelle paludi e nelle zone umide, nei fiumi, negli esseri viventi (piante e animali), ed è quindi direttamente disponibile all’uso.
Le piogge annuali garantiscono una quantità procapite di acqua dolce di circa 7000 m³/persona, in teoria più che sufficienti per garantirne le esigenze, ma purtroppo non omogeneamente distribuita nello spazio e nel tempo.
Questa situazione, nel 2000, significava che per una popolazione mondiale stimata in 6 miliardi di persone il 16,3% avesse acqua in sovrabbondanza, il 16,7% in relativa sufficienza, il 34,7% fosse in condizioni di insufficienza, il 24,5% in condizioni di stress, e il 7,8% in condizioni di scarsità, avendo come valore di riferimento del buon accesso all’acqua i 20 litri/persona ad una distanza inferiore al km. Pur ammettendo idealmente invariata la qualità dell’acqua, non tenendo cioè in conto della perdita di qualità dell’acqua per inquinamento, a fronte di un volume complessivo costante delle risorse idriche rinnovabili, l’aumento della popolazione porta inesorabilmente alla diminuzione del valore procapite disponibile.
Un dato significativo per i paesi industrializzati: negli USA la disponibilità idrica rinnovabile, per persona era valutata nel 1955 pari a quasi 15.000 m³/anno, nel 1990 a circa 10.000 m³/anno e per il 2055 è stimata in 7.600 m³/anno, il che significa un valore dimezzato in un secolo.